Il ferro è un nutriente essenziale per il benessere del nostro organismo poiché è un minerale necessario per la produzione dell'emoglobina, proteina presente nei globuli rossi che serve a trasportare l'ossigeno in tutto il corpo. Il ferro, inoltre, interviene nella costruzione della mioglobina, proteina che si lega all'ossigeno presente nelle fibre muscolari, ed entra a far parte di vari enzimi che svolgono ruoli fondamentali in numerose reazioni metaboliche.
Il ferro presente nell'organismo deriva dall'alimentazione che, se varia e bilanciata, consente di mantenere l'equilibrio tra le perdite quotidiane di tale minerale (attraverso la sudorazione, l'urina, le feci, la desquamazione delle cellule intestinali, la mestruazione e l'allattamento nelle donne, ecc.) e la sua introduzione con il cibo.
Negli alimenti, il ferro è presente in due forme con diversa importanza dal punto di vista nutrizionale:
ferro eme, più facilmente assimilabile, presente nelle carni (fegato, manzo, prosciutto, bresaola, pesci, molluschi e crostacei) legato a proteine, le emoproteine
ferro non-eme, di origine vegetale (cavoli di Bruxelles, spinaci, cacao, mandorle, fichi secchi) in forma inorganica
La differenza tra questi due tipi di ferro è nel diverso meccanismo con cui viene assimilato: il ferro eme è assorbito da siti altamente specifici presenti nella mucosa intestinale e non è influenzato dalla presenza di sostanze che ne diminuiscono (inibitori) o aumentano (promotori) l'assimilazione; per il ferro non-eme non ci sono meccanismi specifici, l'assorbimento è variabile ed è influenzato dalla presenza di inibitori o promotori.
Il ferro introdotto con la dieta è trasportato all'interno dell’organismo da una proteina, la trasferrina, ed è accumulato nel fegato sotto forma di ferritina, una proteina di deposito. Quando una persona ha una mancanza di ferro, il corpo utilizza in maniera automatica le riserve mantenendo così, finché esse non si esauriscono, livelli normali del minerale nel sangue. Per controllare se c’è una carenza di ferro è, quindi, necessario misurare sia il contenuto di ferro che di ferritina.
Il corpo umano ha bisogno di circa 10-12 milligrammi (mg) di ferro al giorno, valore che, in determinate condizioni, può aumentare fino a 20 mg. In particolare, possono essere a rischio di carenza di ferro nel sangue (anemia sideropenica) le donne in età fertile, gli sportivi e le persone colpite da disturbi intestinali da malassorbimento o da intolleranze alimentari.
Gli alimenti di origine animale che contengono una maggior quantità di ferro in forma eme, quindi più facilmente assimilabile, sono:
fegato e le frattaglie
carni, in particolare quella di tacchino
pesce
tuorlo d'uovo
Gli alimenti di origine vegetale più ricchi di ferro non-eme sono:
legumi
funghi secchi
frutta secca (ad es. le albicocche secche)
cereali integrali (ad es. il riso)
farina di soia
verdure a foglia verde scuro (ad es. il crescione e il cavolo riccio)
Solo una parte del ferro introdotto nell'organismo con il cibo è assimilato dall'organismo; conoscere i fattori e gli alimenti che ne favoriscono l'assorbimento, quindi, è fondamentale per evitare che si verifichi una carenza.
Associazioni di sostanze nutritive che favoriscono l’assorbimento Studi recenti, condotti su individui che seguono una dieta vegetariana o vegana hanno evidenziato come la carenza di ferro non sia così diffusa come ci si potrebbe aspettare in persone che non mangiano cibi con ferro facilmente assimilabile. Questo dipende dal fatto che i vegetali hanno un buon contenuto di ferro e anche di vitamina C (acido ascorbico), spesso presente in buona quantità al loro interno (soprattutto in broccoli e cavolo cappuccio), che aumenta l'assorbimento del ferro non-eme da parte dell'organismo. Un ruolo positivo, in tal senso, è svolto dalla combinazione di alcuni alimenti fra loro per esempio agrumi, kiwi e pomodori, ricchi di vitamina C, e molti vegetali che contengono acido citrico (limone).
Associazioni nutrizionali che ostacolano l’assorbimento Tutti i cibi che contengono buone quantità di calcio (latte e latticini) e di tannini (caffè, tè) se assunti assieme ai cibi ricchi di ferro non-eme, ne riducono l'assorbimento poiché formano con esso dei complessi insolubili che inibiscono l'assimilazione del ferro stesso. Inoltre, la presenza di fitati (sostanze che inibiscono l'assorbimento di nutrienti) in alimenti di origine vegetale contenenti ferro, come legumi e cereali integrali, può ostacolarne ulteriormente l'assorbimento.
Per ridurre la presenza dei fitati nei cereali e nei legumi è sufficiente cuocerli dopo averli lasciati a bagno in acqua tiepida con mezzo limone per diverse ore; per diminuire i tannini del tè basterebbe ridurre il tempo di infusione e aggiungere succo di limone; per i tannini del caffè sarebbe sufficiente berlo lontano dai pasti; per ridurre gli effetti del calcio, sarebbe utile non eccedere nel consumo di latticini durante i pasti.
Qualora l’introduzione di ferro con la dieta non sia sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero si può fare ricorso ad alimenti fortificati, vale a dire integrati con ferro come, ad esempio, alcuni tipi di cereali per la colazione; in molti casi con una singola porzione si può raggiungere la dose di ferro giornaliera consigliata.
In caso di carenza accertata con esami clinici specifici, possono essere utilizzati degli integratori di ferro consultando prima lo specialista dietista/nutrizionista o il proprio medico per avere indicazioni sulle dosi. Un loro consumo eccessivo, infatti, può essere dannoso.
Eccesso di ferro L'eccesso di ferro può determinare danni a tessuti ed organi (cuore, fegato e pancreas) e portare ad una situazione patologica nota come emocromatosi. Tale patologia può essere dovuta ad una non corretta alimentazione, alla conseguenza di malattie come alcuni tipi di anemia, la talassemia, l'epatopatia alcolica, oppure più frequentemente ad una malattia ereditaria, caratterizzata dal difetto di un gene (HFE), responsabile della regolazione dell’assorbimento del ferro assunto con gli alimenti.
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